L’avvocato e la censura.

La Cassazione, con sentenza n. 7761/2020, ha confermato la decisione del C.O.A di sanzionare con la censura due avvocati per aver assunto l’uno il ruolo di arbitro nella procedura in cui l’altro difendeva la società debitrice e quest’ultimo per aver costituito un trust al fine di schermare i beni della cliente a garanzia dei diritti dei creditori.

Nel caso in esame, le socie di una s.a.s presentano un esposto al C.O.A nei confronti di due avvocati (padre e figlio), denunciando l’incompatibilità di uno di essi al ruolo di arbitro all’interno della procedura arbitrale adita e all’assunzione da parte dell’altro legale della funzione di trustee.

L’avvocato padre si difende affermando che la composizione del collegio arbitrale era stata accettata dalle denuncianti; l’avvocato figlio evidenzia che le esponenti avrebbero potuto chiedere il sequestro conservativo dei beni per tutelare il loro diritto e che la propria funzione di trustee non ha prodotto effetti sulla perdita della garanzia lamentata dalle esponenti. 

Il C.O.A archivia l’esposto in punto denunciata responsabilità relativa all’accettazione dell’incarico come arbitro perché l’illecito non sussiste ed è prescritto; decide, invece, di sanzionare con la censura gli avvocati, assolvendo uno di essi dall’accusa di occultamento del patrimonio sociale vista l’assenza di prova in merito e ritenendo responsabile il legale per aver accettato il ruolo di trustee. 

Gli avvocati ricorrono separatamente al C.N.F., che riunisce i due ricorsi ed afferma l’esistenza di incompatibilità tra l’incarico assunto dal padre come arbitro e quello del figlio come difensore di una delle parti dell’arbitrato. Incompatibilità che vale sia nell’arbitrato rituale che in quello irrituale, per cui non rileva l’assenso asserito, ma non dimostrato, delle socie della s.a.s alla procedura. 

Gli avvocati ricorrono in Cassazione con separati ricorsi che vengono poi riuniti.

Gli Ermellini rigettano entrambi i ricorsi: in relazione a quello del primo avvocato viene ritenuto infondato il motivo sulla prescrizione dell’azione disciplinare e vengono respinti gli altri relativi ad argomentazioni su valutazioni di merito della controversia non trattabili in sede di legittimità. 

Quanto al ricorso dell’avvocato figlio, la Cassazione ritiene infondati tutti i motivi, in particolare quello con cui contesta l’integrazione dell’illecito in relazione al ruolo assunto nella costituzione del trust, rivendicando di aver accettato un incarico lecito e onorevole. 

La Suprema Corte ritiene, infatti, che la finalità del trust sia chiara e dichiarata: non rileva che il difensore non sia stato ritenuto responsabile di aver consigliato, compiuto e consentito atti di occultamento del patrimonio della società e dei soci. 

Dai fatti emerge la consapevolezza del legale di sottrarre beni alle pretese legittime dei creditori; egli, infatti, con il trust ha schermato alcuni beni, in vista dell’esito negativo del procedimento desumibile dalle conclusioni del consulente tecnico.

Avv. Gian Carlo Soave.